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Rivelazioni choc dell’arbitro Abbattista:”Adesso sono libero di denunciare lo schifo che c’era intorno a me”

Torna a parlare con dichiarazioni al fuoco e molto interessanti Eugenio Abbattista, arbitro che due settimane fa ha scelto di dimettersi – ad oggi l’unico della storia a farlo a stagione in corso. Adesso sono libero di denunciare lo schifo che c’era intorno a me” – dichiara, sottolineando come spesso avesse chiesto all’AIA l’organizzazione di parlare, ricevendo sempre un rifiuto come risposta. È tornato a spiegare i motivi della sua scelta ai microfoni di Filippo Roma per Le Iene, in onda questa sera. Queste le anticipazioni del servizio.

Perché ti sei dimesso?

“Mi sono dimesso perché ero stanco della sensazione di schifo che avvertivo attorno. Mi sono sentito con un bavaglio alla bocca che non mi apparteneva. Impossibilità di parlare, di esprimermi e autorizzazioni negate. Dopo il primo servizio che mi riguardava, io ho chiesto di poter parlare, non mi è stata concessa l’autorizzazione”.

E perché, secondo te?

Abbattista: Perché risultava scomodo farmi parlare perché il documento che il massimo organismo degli arbitri ha prodotto nell’anno in questione e che ha permesso a me e ad altri arbitri di rimanere in organico, è un documento evidentemente falso.

E perché è falso quel verbale?

“Perché io dovevo andare a casa, dovevo smettere di arbitrare perché non era stato chiesto che io rimanessi nell’organico. Il documento che è stato prodotto attesta il mantenimento nell’organico mio, di Calvarese e di Giacomelli, quando, in realtà, la relazione che avevano presentato i due valutatori parla di me Giacomelli e Calvarese a casa. Morganti mi ha chiamato e mi ha detto “Alla fine dell’anno smetti di arbitrare per la massima permanenza nel ruolo come arbitro”.

Quindi tu, ovviamente, dai per scontato che saresti stato dismesso?

“Assolutamente sì, tant’è che io dopo quella gara ho anche mollato dal punto di vista degli allenamenti, dell’impegno, perché ritenevo che alla fine dell’anno avrei smesso di arbitrare”.

Invece, quando hai scoperto che eri stato confermato, cosa hai pensato?

“Sono stato contento perché restare in campo comunque mi gratificava. Però poi quando ci sono stati i ricorsi dei colleghi dismessi ho iniziato a capire che qualcosa non era andato per il verso giusto. Ho richiesto due volte volontariamente di essere ascoltato dalla Procura Federale per fare chiarezza. Ho confermato che Morganti mi aveva già comunicato che avrei smesso di arbitrare e nelle audizioni, mi hanno chiesto più volte: “Ma sei sicuro? Ma è vero? E così? Sei Certo?”. E, a conferma che il verbale del massimo organismo degli arbitri è falso, c’è un documento inedito che sono in grado di fornirvi dove c’è l’indicazione dell’organico della stagione. In quel documento lì né per Giacomelli né per Calvarese né per me, c’è un’indicazione di deroga o di conferma. Non c’è. Non lo troverete.  Questo certifica che il valutatore Emidio Morganti, che voi avete intervistato, ha detto il vero: per me non era stata richiesta nessuna deroga, nessuna conferma”.

Ma, quindi, avrebbero condannato un innocente, cioè Morganti, e salvato quelli che avrebbero attestato il falso nel verbale?

“Sembrerebbe, tristemente, che, nonostante noi dovessimo essere i garanti delle regole, i massimi portatori di giustizia, che è assolutamente come stai dicendo tu”.

Qual era l’interesse dei vertici dell’Aia nel riconfermare te, Calvarese e Giacomelli?

“È stata una mossa politica che niente a che fare con il terreno di gioco e con quello che gli arbitri vanno a fare in campo”.

Cioè per ingraziarsi le vostre rispettive sezioni a fini elettorali?

“Non solo, e anche di equilibri territoriali che sono tipici dell’Aia. È evidente, a febbraio 2021 si sarebbero fatte le elezioni, io la ritengo incomprensibile sia dal punto di vista politico che dal punto di vista umano. E una delle ragioni per cui ho raggiunto quel livello di schifo di cui ti parlavo, che poi porta un uomo libero, a dire “mi dimetto perché ho necessità di raccontare una verità”.

Nell’Aia c’è democrazia?

“Se degli arbitri giocano a calcio sono delle partite inarbitrabili, la necessità in cui L’Aia ha fallito è quella di non avere un arbitro che regolamentasse il gioco tra due squadre che per vincere sono disposte a fare qualunque cosa. Noi abbiamo dimostrato che non ci meritiamo due cose, la democrazia e la politica, perché non siamo in grado di metterle in pratica, è inammissibile che un cittadino per poter parlare di questioni personali deve chiedere delle autorizzazioni, e peggio ancora, deve avere delle versioni concordate del mettiamoci d’accordo su cosa dire e non dire. Capite che così fare sport e andare in campo è difficilissimo dal punto di vista psicologico? Ancor di più quando questa cosa viene fatta in maniera subdola. Una totale assenza di democrazia nel senso più puro del termine”.

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