Il Milan riunisce il cda nel momento più delicato: dopo che l’Uefa ha rifiutato il settlement agreement, il club rischia l’esclusione dalle coppe europee.
Certo è l’ipotesi peggiore tra le sanzioni che possono arrivare da Losanna, ma negli ambienti calcistici si respira un notevole pessimismo.
D’altra parte la dirigenza guidata da Marco Fassone si presenta davanti al tribunale con un track record tutt’altro che positivo: molte delle promesse da lui avanzate (o fatte trapelare) sono rimaste solo sulla carta.
Poi è stata la volta della grandi banche come Merchant Bank e China Construction Bank che puntualmente hanno smentito il loro interesse, così come ha fatto l’asset manager Huarong.
Addirittura nella narrazione milanista si raccontava che dietro l’operazione ci fosse Xi Jinping in persona: in quel caso l’affare si sarebbe chiuso molto più rapidamente, senza le restrizioni all’uscita di capitali o le complicate triangolazioni che hanno coinvolto tutti – o quasi – i paradisi fiscali della terra (Hong Kong, le Isole Vergini Britanniche e Lussemburgo).
Insomma di quella che doveva essere la cordata sulla quale Fassone avrebbe dovuto ricostruire il Milan non è rimasto nessuno, ad eccezione dell’ignoto Yonghong Li.
Eppure, il manager di Pinerolo ha tirato dritto per la sua strada difendendo a spada tratta Li anche quando alcuni manager delle più importanti banche d’affari hanno definito lo sconosciuto imprenditore cinese non credibile per “motivi reputazionali”.
Basti ricordare come veniva sbandierato il nome dei futuri azionisti del Milan prima ancora che la cessione si completasse: dal fondo immobiliare Evergrande a Robin Li (numero uno di Baidu, il Google cinese) fino a Jack Ma, patron di Alibaba.
Purtroppo per il Milan, nessuno di loro si è mai palesato.
La scorsa estate, lasciandosi trasportare dall’entusiasmo, Fassone promise un grande sponsor cinese del quale si sono perse le tracce: per il momento è arrivata la poco nota Alpen Water con un contratto da alcune decine di migliaia di euro.
Nel frattempo Audi – che ha cambiato la sua strategia di comunicazione – ha salutato il club così come ha fatto Adidas.
Dopo l’uscita di scena dei tedeschi, l’amministratore delegato del Milan tranquilizzò i tifosi sul nuovo sponsor tecnico: “Sarà migliorativo da un punto di vista economico rispetto a quello attualmente in essere”.
Puma, però, porta nella casse della società 5 milioni di euro in meno rispetto ad Adidas (un buco che – tuttavia – potrebbe essere compensato da eventuali premi o percentuali sulle vendite).
Il vero problema della società, però, è legato al rifinanziamento a monte del debito.
La quota in carico al Milan non preoccupa, perché c’è la fila di soggetti che bussano al Portello per finanziare i rossoneri.
La vera incognita riguarda la controllante e quindi Yonghong Li: per adesso nessuno pare disposto a prendersi il rischio.
Eppure, ancora una volta, Fassone mostrava sicurezza sul rifinanziamento del prestito di Elliott: “Entro inizio anno”, “entro fine marzo” e ancora “si farà”.
Parole che per il momento non hanno convinto la Uefa.
Così come non ha convinto nessuno il piano di ricavi presentato per la Cina: il manager contava su 90 milioni già a partire da questa stagione, poi ha drasticamente rivisto al ribasso le cifre.
Insomma, uno scivolone dopo l’altro, che aumenta la confusione in una situazione già poco limpida.
Fassone ripete di aver sul tavolo almeno tre proposte per rifinanziare il debito con Elliott: a tentennare sarebbe quindi Yonghong Li, probabilmente spaventato dai tassi d’interesse richiesti.
Ma d’altra parte un finanziamento da 500 milioni di euro con in garanzia solo il Milan che brucia 8-10 milioni di euro al mese rappresenta un rischio grosso.
Per qualunque fondo.
E così l’unica cosa che potrebbe fare il cda del Milan è dare un ultimatum all’azionista perché accetti una di queste offerte entro la prossima settimana, magari minacciando le dimissioni di tutti i consiglieri.
Fonte Repubblica.it

