L’ultima esperienza su una panchina, per Delio Rossi, risale alla seconda parte della scorsa stagione, quando guidò il Foggia fino alla finale dei playoff per la promozione in Serie B contro il Lecco: a spuntarla furono i lombardi, poco prima della decisione di dire addio alla squadra rossonera per motivi personali.
Al momento, la carriera del 64enne tecnico riminese è così in stand-by, in attesa di una nuova avventura che possa quantomeno riavvicinarlo ai fasti di un tempo: una storia, quella col grande calcio, che ha subìto una brusca frenata il 2 maggio 2012, quando si rese protagonista di un alterco con Adem Ljajic nella panchina del ‘Franchi’ durante un Fiorentina-Novara.
Un episodio che ha finito per condizionare in maniera negativa la carriera di Rossi, che da quel momento in poi ha avuto modo di allenare in Serie A soltanto in due circostanze piuttosto dimenticabili con Sampdoria e Bologna: nel corso di un’intervista concessa a ‘TvPlay’, il classe 1960 è tornato su quella brutta serata esprimendo al contempo il proprio sdegno per l’ipocrisia, a suo dire, dominante nel mondo del calcio.
“Sicuramente quell’episodio mi ha tolto tanto, ha condizionato la mia carriera, fermo restando che vedo tanto perbenismo e tanta ipocrisia. Se un gesto è sbagliato lo è sia a livello pubblico che anche nel privato, invece le valenze sono diverse. Se quello che è successo, che è stato brutto e non edificabile, fosse accaduto negli spogliatoi oppure se avessimo vinto quella partita invece di pareggiarla, probabilmente avrebbe avuto un’altra valenza. Uno che ruba una mela è uguale a uno che ruba un miliardo”.
Sono Alessandro Bertolino, appassionato di calcio sin da piccolo e grandissimo tifoso.

