Tatarusanu, Sanchez, Rodriguez, Astori, Chiesa, Badelj, Vecino, Olivera, BorjaValero, Bernardeschi, Kalinic.
Questa era la formazione della Fiorentina che il 23 febbraio del 2017, schierava al Franchi contro il Borussia Monchengladbach.
Si tratta dell’ultima partita europea della viola. Erano i sedicesimi di finale di Europa League.
La Fiorentina aveva superato il girone, ma il sorteggio non fu benevolo e le fece incontrare i tedeschi che presentavano in campo il portiere Sommer, che sarebbe stato l’incubo di Jorginho a distanza di 4 anni nella doppia sfida Italia-Svizzera, Christensen, ora al Barcellona che segnò pure un gol e T.Hazard.
Una bella squadretta!
La Fiorentina pagò un black out improvviso quanto inaspettato: all’andata aveva vinto 1-0 in casa dei tedeschi grazie ad un gol di un Bernardeschi che mai avremmo poi rivisto a quei livelli.
Il ritorno iniziò alla grande e dopo mezzora la Viola era già sul 2-0 con Kalinic e BorjaValero in tabellino.
Stindl accorciò le distanze su rigore a fine primo tempo e a inizio del secondo nei primi 8 minuti con altri due gol ribaltò la partita che venne chiusa come detto dal difensore danese sul 2-4 finale.
Nonostante la delusione, tanta, di quella sera, pochi avrebbero pensato che la successiva partita europea della Fiorentina sarebbe stata 2002 giorni dopo.
La lunga attesa si interrompe domani, nel play off contro il Twente che la squadra di Italiano vuole fare suo a completamento di una stagione, quella scorsa, che è stata esaltante a tratti e che ha segnato un netto cambio di rotta rispetto alle passate.
Eh si, perchè in questi anni di cose lungo l’Arno ne sono successe.
Di uguale c’è solo l’amore di una città verso la propria squadra, spesso incondizionato, a volte strampalato come solo il vero amore sa essere. A volte accecato, altre consapevole che solo un Fiorentino può amare in quel modo lì, ciò che è meraviglioso, ma a volte complesso da capire, proprio come una vera donna o un quadro degli Uffizi.
Per il resto è cambiato tutto.
Si sono alternati allenatori. Da Sousa a Pioli, Montella, Iachini, Prandelli, il ritorno di Iachini, la meteora Gattuso col suo giro visita ai campini e ora Italiano.
E’ cambiata la società. Niente più DellaValle impermalositi da un pubblico che chiedeva un amore che non erano in grado di dare e forse da una politica che non gli ha permesso di fare impresa come volevano loro e dentro la proprietà americana, esigente, ricca ma attenta, col cuore aperto verso la città, ma concreta quando si parla di business.
Sono cambiati i giocatori. Tutti. Molti hanno avuto destini complessi fatti di ascese altissime e discese repentine frutto di scelte professionali discutibili e aspettative non rispettate. Uno sembra essere diventato campione vero. C’è chi ha finito la carriera, altri preso semplicemente altre strade e ora si godono il loro fine carriera impegnandosi ancora per quelli che sono i loro obiettivi.
Uno ci ha lasciato fisicamente. Non è più con noi. E’ morto in una stanza di albergo poco più di un anno dopo quella partita. E’ nel cuore di chi ama la Fiorentina, di chi ama il calcio e di chi lo ha conosciuto anche solo attraverso una semplice intervista.
Personalmente mi ha fatto male rileggere quella formazione e analizzare i destini calcistici di tutti, ammirare quelli di alcuni di loro e perchè no,sorridere ironicamente di quello di altri per poi soffermarmi sull’atrocità del destino di Davide Astori, di fronte a cui tutto viene offuscato da un profondo alone di malinconia
Domani non sappiamo quanti tifosi ci saranno al Franchi per questo ritorno europeo. Da qualche parte, a bordo campo, in mezzo al pubblico o in panchina, ce ne sarà uno in più che spingerà la Viola 2002 giorni dopo.
chimico, appassionato di calcio, di tattiche e statistiche

