Il Brasile è fuori dal Mondiale.
Perde ai rigori ai quarti di finale contro una Croazia tenace e ben messa in campo.
Alla magia di Neymar, cercata per 120 minuti da tutti i brasiliani e riuscita solo alla fine del primo tempo supplementare, risponde un gol di Petkovic, di gran lunga il peggior giocatore della partita sia come rendimento che come tecnica assoluta, visto che era l’unico in campo in mezzo a fini palleggiatori che faceva sembrare matta la palla ogni volta che provava a stopparla
Ma il calcio è così e aldila dei commenti post partita, che potrebbero essere diversi se il portiere croato Livakovic non avesse sfoderato una prestazione assoluta, la sensazione è che il Brasile, questo Brasile, sia figlio di questo calcio che sta cambiando.
Cambia in direzioni diverse però fra nazionali e club. Se per i club le divergenze economiche stanno rendendo difficile competere ad armi pari per tutti col risultato che chi vince fa sempre parte dello stesso gruppo di squadre, a livello nazionale la globalizzazione del calcio ha livellato i valori.
E quindi non stupisce che il movimento croato, 4 milioni di abitanti in tutto, centri una semifinale mondiale per due volte consecutive proprio quando quello italiano neanche partecipa.
Non ci stupisce che il Marocco fatto di giocatori esportati in tutto il mondo faccia la sua figura più che onorevole e non ci stupisce che il Giappone batta Spagna e Germania nei gironi.
Perchè in un calcio più livellato conta, in maniera assoluta, anche l’organizzazione di gioco, la corsa, la tattica e in competizioni come queste il fare gruppo.
Ben lo sappiamo noi, che con il gruppo ci abbiamo vinto un mondiale e un europeo negli ultimi quindici anni.
Ma anche altre squadre vincenti, sono riuscite nell’impresa abbinando alla tecnica e al lavoro il concetto di gruppo.
Ed è così, che il Brasile, 200milioni di potenziale fenomeni del calcio, eguaglierà (almeno) il suo record di anni senza vittorie mondiale,24. Da Ronaldo del 2002, solo una semifinale, in casa, terminata con la sconfitta più bruciante e assoluta dell’era moderna del calcio verdeoro.
E non è un caso che proprio da quel mondiale il Brasile non vinca una partita ad eliminazione diretta contro una squadra europea, patria della tattica e del gruppo.
Il gruppo a dire la verità il Brasile quest’anno sembrava averlo più di altre volte, quantomeno nella decisione piuttosto fuori moda di ossigenarsi i capelli, ma evidentemente non è bastato.
Il Brasile viene eliminato per la sua superficialità e per il suo non voler ostinatamente modificare il suo modo di giocare e la sua metodologia. Prendere un gol in contropiede a un minuto dalla fine del secondo tempo supplementare mentre stai vincendo per il mondo è da folli, per loro è giocare a calcio.
Peccato che martedì prossimo quando ci sarà da giocare a calcio per la semifinale, i croati saranno in campo e i brasiliani davanti alla tv.
Il calcio sta cambiando, in tutto. A volte in meglio , altre in peggio.
Questo mondiale ci ha regalato noia, ma anche emozioni. Forti.
Il Brasile fuori è l’emblema del calcio che cambia. Per le Nazionali dovremo abituarci a situazioni che vent’anni fa ci sarebbero sembrate paradossali.
Forse se fossero sdoganati i mondiali ogni due anni ci abitueremmo più in fretta e non è detto che sarebbe un male.
chimico, appassionato di calcio, di tattiche e statistiche
