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Lotito, sei sicuro che la Lazio possa competere con tutti?

In occasione del suo compleanno, il presidente della Lazio Claudio Lotito è intervenuto sulle frequenze di Lazio Style Channel, per rivendicare i veri valori dello sport e fare un bilancio della stagione dei capitolini. In riferimento a quest’ultimo punto, forse preso da un po’ troppo entusiasmo, si è sbilanciato sentenziando: “Io mi sento di dire che questa è una squadra che può competere alla pari con tutti”. Un affermazione forte e decisa che, però, alla luce dei risultati sembra celare le varie mancanze dei biancocelesti…
Una rosa che non riesce mai a sbocciare definitivamente

Analizzando un po’ più da vicino le ultime sessioni di mercato della Lazio si può osservare agilmente come la società romana si sia attività principalmente per sostituire i partenti più che per rinforzare la rosa.

Così è accaduto con la cessione di Candreva rimpiazzato con Luis Alberto (calciatore tra l’altro con caratteristiche molto diverse); situazione analoga si è verificata con Felipe Anderson sostituito da Correa ed infine con De Vrji il cui posto è stato preso da Acerbi. Una politica di mantenimento che non permette di far sognare i tifosi, obbligati da anni a vedere una squadra che manca sempre il salto di qualità e che si accontenta di conquistare qua e là qualche finale di Coppa Italia o Supercoppa Italiana.

Ora, anche qualora volessimo isolare l’aspetto romantico del tifoso, è necessario comunque constatare, attraverso un semplice sillogismo, che se la posizione in campionato finale si aggira sempre intorno alla quinta posizione e se la campagna di mercato tende a consolidare più che rafforzare, la Lazio non può competere con tutti.

Sì, i bianco azzurri sono una Ferrari caro presidente, ma non quella di Schumacher, bensì quella che non conquista un mondiale da undici anni.

Una coperta lunga 11 calciatori

Muoversi sul mercato tendendo principalmente a sostituire più che a potenziare ha anche come ulteriore conseguenza quella di non garantire una rosa abbastanza lunga da poter affrontare in maniera adeguata più competizioni. Negli undici titolari le aquile hanno una rosa di tutto rispetto, sebbene il pacchetto arretrato chieda urgentemente un ritocco, ma il problema nasce immediatamente alla prima squalifica od infortunio.

Il divario tra titolari e riserve è spesso abissale.

Basti pensare a Lucas Leiva, pedina insostituibile soprattutto a causa dell’assenza di un’alternativa all’altezza: Cataldi è un buon giocatore, ma non al suo livello; Badelj ricopre la stessa posizione sulla carta, ma non ha la dinamicità e la lettura di gioco del brasiliano. I dolori aumentano quando ci sposta in difesa. Qui le rotazioni, tra infortuni e squalifiche, sono obbligate, ma un vero titolare, a parte Acerbi e Radu, non esiste. Bastos, Luiz Felipe, Wallace e Patric, si scambiano di continuo la maglia da titolare, ma non per meriti propri, bensì per demeriti altrui. Per il resto, in realtà, la situazione non sembra essere così critica soprattutto però perchè a valorizzare alcuni atleti ci ha pensato un allenatore giunto per coprire un “incidente diplomatico” con Bielsa quasi annunciato…

Il guanto dell’infinito di Inzaghi

Se la Lazio, in alcuni frangenti, è riuscita a competere con tutti il merito è tutto o quasi di Simone Inzaghi che, schioccando le dita, ha trasformato normalissimi calciatori in titolari fissi.

Si pensi a Strakosha, riserva alla Salernitana e buttato nella mischia per sostituire Marchetti (peraltro rimpiazzato in rosa da Proto giunto a Roma a parametro zero) o a Luis Alberto, rigenerato dopo una prima stagione vissuta con l’eredità di Candreva addosso. Si guardi, infine, a Caicedo, attaccante completamente diverso da Immobile (al quale manca da sempre un’alternativa), trasformato dalla cura di Simone che è in grado di far sentire tutti importanti e fondamentali.

Purtroppo, però, il tecnico piacentino cammina costantemente sui carboni ardenti. Al primo errore i suoi si smarriscono. A Ferrara dà una chanche a Patric che lo ripaga stendendo Cionek; in quel di San Siro contro il Milan inserisce Durmisi, il quale regala il rigore ai rossoneri; nell’ultima sfida con l’Atalanta prova ad affidarsi a Wallace e perde il treno Champions.

Una situazione difficile da tenere sotto controllo, soprattutto ora che in molti chiedono la sua testa per il mancato raggiungimento del quarto posto. Anche i poteri dei supereroi hanno un limite.

Forse, caro Inzaghi, non ti sei lamentato abbastanza al telefono la scorsa estate.

Carlo Peroni

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