La VAR ha fatto flop: ora anche i più convinti sostenitori del mezzo tecnologico ne sono convinti.
Ma perché non ha funzionato una innovazione che sembrava aver stravolto il mondo calcio?
Mentre all’estero la novità è stata accolta con molto scetticismo ed è stata poi introdotta nei vari campionati e nella prossima Champions League più per pressioni politiche che per convinzione della funzionalità, in Italia gli strombazzatori televisivi ci hanno bombardato sulla utilità della Var salvo cambiare ora idea quando sia l’evidenza sia la scarsa credibilità di quello che tramettevano ne ha imposto una riflessione.
Ma cosa è successo? Perché nessuno crede più che la Var possa garantire il giusto risultato del campo? Perche le regole interpretative non sono certe?
Il primo problema, come scrive il Corriere Dello Sport, è il designatore che per giustificare l’errore della domenica precedente, finisce per incartare gli episodi della domenica successiva,.
Il secondo problema è il presidente dell’AIA che continua a confondere il suo ruolo politico con quello tecnico perdendo tempo a spiegare questioni ai più incomprensibili invece di spiegare meglio agli arbitri il concetto di fallo di mano, visto che anche sabato hanno dimostrato che non l’hanno ancora afferrato, piuttosto che sentire sermoni che non servono a nulla.
Il terzo problema è la frattura che esiste all’interno della stessa AIA fra chi dovrebbe dare l’indirizzo delle regole (il Settore tecnico) e chi quel messaggio dovrebbe recepire e trasferire agli arbitri (Rizzoli, Morganti, etc…).
Perché basta un pizzico d’intelligenza, senza fare retropensieri, per capire che non è certo questo ammasso gassoso di interpretazioni difformi quello che può arrivare da chi quelle regole deve spiegare e interpretare.
L’aumento esponenziale delle revisioni video, in particolare sui falli di mano, ha messo in crisi molti arbitri con Rizzoli che per giustificare questa confusione tecnica, dice: “E’ una Formula 1, abbiamo iniziato correndo un po’ troppo e quindi abbiamo rallentato all’inizio di questa stagione. Ora abbiamo riaccelerato per trovare il nostro limite, ma qualche volta finiamo fuori strada”.
In pratica, spiega SkySport, troppe corse davanti al video rischiano di mandare in crisi gli arbitri e ne accentuano le differenze interpretative, perché anche il monitor può tradire: vedasi Valeri in occasione del rigore concesso alla Juventus, o Mariani quando, invitato a rivistare questa trattenuta nell’area del Cagliari, decide di non punirla.
D’altro canto anche le mancate chiamate dalla sala Var continuano a generare polemiche: ad esempio i laziali – visto anche il rigore concesso a Belotti – avrebbero gradito si fosse analizzata al video la spinta di Meite ad Acerbi.
Ma quello è un contatto “alto”, sul quale si tende a privilegiare la sensazione del campo, diversamente dai falli di mano.
Ecco, su questo servirebbe una semplificazione: più coerenza su cosa è da var e cosa no. Alzando un pochino il piede dall’acceleratore e andando a rivedere solo i nodi che il video può davvero sciogliere.
