Nel calcio la crisi quando arriva non avvisa, un po’ come la suocera che ti piomba a casa la domenica a mezzogiorno ed entra senza bussare col suo mazzo di chiavi.
O forse, ora che ci penso, qualche avvisaglia c’è sempre. Magari tua moglie che ti dice “amore domani svegliamoci presto”, frase che tu fai finta di non sentire perché ti sembra che suoni strana, è un po’ come quando il Milan vince in casa col Genova e poi fuori casa con l’Udinese segnando all’ultimo secondo con un goal del suo difensore centrale e tu pensi che è l’anno buono per arrivare in alto. Senza considerare che la situazione è instabile. Manca qualcosa, ma tu non la vedi. Piccoli segnali che tu non percepisci, non gli dai peso.
Cascasse il mondo tua suocera a mezzogiorno arriva e tu ricordi vagamente una frase detta da tua moglie la sera prima. Il Milan comincia a non vincere più e tu pensi a quelle partite in cui vinceva ma non convinceva. In cui non davi peso a quelle situazioni apparentemente insignificanti che sarebbero diventate poi problematiche.
Il comportamento naturale, in entrambe le situazioni, è quello di amara accettazione della disfatta. Ti chiudi in camera facendo finta di dover lavorare (di Domenica) per non sentire quel fastidioso rumore proveniente dalla bocca di tua suocera, ma in verità sei seduto faccia contro il muro e maledici tua moglie per averti rovinato il giorno di riposo. Stessa cosa, con le dovute proporzioni, accade con il Milan. Rassegnato e amareggiato accetti la situazione ma imprechi continuamente cercando un colpevole.
Diventando seri, almeno per un attimo, analizziamo la situazione così come si presenta: il Milan non vince da quattro gare di campionato (Torino, Bologna, Fiorentina e Frosinone), non segna da altrettanto e ha realizzato tre punti su dodici disponibili contro squadre molto più che abbordabili. Un disastro se si pensa che è dalla partita in casa contro i granata che si parla di “allungare sulla quinta in classifica ed accorciare sulla terza”. Tutte chances, una dopo l’altra, sprecate malamente.
Nel calcio questa situazione si traduce quasi sempre, purtroppo, nell’attribuzione delle colpe in capo all’allenatore. Da questo deriva, con altrettanta frequenza, l’esonerò dello stesso.
Qui, però, la situazione è un tantino più complicata. Posto che la squadra sta giocando un pessimo calcio, assodato che per una squadra come il Milan non dovrebbe essere una scusante il fatto che vi siano tanti infortunati e considerato che anche l’allenatore ha le sue colpe nella gestione della rosa e delle gare, sarebbe da ciechi e da persone in malafede non individuare concause a questa crisi.
Possiamo cominciare da una rosa che, tolti i titolari, resta mediocre; possiamo poi aggiungere il fatto che molti calciatori sembrano la brutta copia di loro stessi e possiamo finire dicendo che c’è pure un po’ di sfortuna.
Ora, viene da se’ che o le colpe si danno a tutti (allenatore, società e calciatori) o non si danno a nessuno. Quest’usanza di individuare il colpevole sempre e solo nell’allenatore ricorda tanto la caccia alle streghe del Medioevo. Ricorda situazioni in cui, con le bende davanti agli occhi, si cerca di punire qualcuno per educare tutti. Quelle situazioni in cui per lavarsi le mani e sentirsi puliti, per mostrarsi più coraggiosi quando si ha invece tanta paura, si manda avanti il più debole. Quello sacrificabile senza troppo rumore e spargimento di sangue.
È vero che il Milan è fortunato ad essere nella posizione di classifica in cui è se si valuta il rapporto tra gioco mostrato e risultati conseguiti, ma è pur vero che ho forti dubbi che un altro allenatore, nella situazione di rosa in cui si è trovato Gattuso quest’anno, avrebbe fatto meglio. E nutro altrettanti dubbi che, ad oggi, un traghettatore sarebbe la soluzione adatta per i mali di cui soffrono i rossoneri. Vincere qualche partita per poi ritrovarsi nella stessa identica situazione in cui si è ora, sarebbe solo un’illusione.
Al Milan serve una programmazione e una gestione oculata che parta dall’alto ed arrivi al basso. Serve una rivoluzione che riporti in auge il vecchio spazzando via il nuovo. In società ci sono gli uomini giusti ma il lavoro buono arriva con il tempo, la pazienza e la costanza. Così come serve pazienza con la società, serve pazienza con l’allenatore. Un mister giovane ed inesperto, che fa errori come tutti i professionisti di questo sport.
Il Milan dovrà affrontare la crisi come affronterebbe la suocera. In preda ad uno scatto di orgoglio deve prendere di petto la situazione, ma con la razionalità sufficiente per capire che la colpa è si di sua moglie che ha permesso la visita ma è anche la sua che non ha colto l’avvertimento.
Eugenio Arnone
