A Roma è già iniziato il toto nomi per il dopo Di Francesco.
Il Corriere dello Sport fa una analisi dei papabili ritenendo che Conte rimarrà un sogno da social network perché la realtà offre un panorama composito di professionisti disponibili, alcuni anche bravi, che però potrebbero non soddisfare i requisiti della Roma per ragioni economiche, caratteriali o semplicemente tecniche.
I problemi sono due: serve un allenatore che possa garantire la sterzata in corso d’opera, come fece Spalletti nel primo semestre del 2016, dunque abbastanza avvezzo al calcio italiano, e che non chieda la luna, non solo in termini di stipendio ma anche di progettualità.
Il giusto compromesso, secondo il quotidiano sportivo romano, sarebbe quindi Paulo Sousa.
Conosce bene il calcio italiano, avendo allenato la Fiorentina dopo il passato trionfale da calciatore della Juventus, e accetterebbe di rimettersi in gioco anche per sei mesi con opzione di rinnovo in caso di raggiungimento della Champions League. Franco Baldini lo ha contattato a settembre, nel momento critico successivo a Bologna-Roma, ottenendo la sua disponibilità.
In corsa è segnalato anche Laurent Blanc che era stato sondato già nel febbraio del 2012, come possibile sostituto di Zeman, ma aveva cortesemente declinato l’offerta.
Oggi la risposta potrebbe essere diversa. Blanc è un altro conoscitore del calcio italiano, visto il passato da libero di Napoli e Inter, e ha una voglia enorme di tornare in pista dopo l’addio al Paris Saint-Germain, ormai più di due anni fa. Per profilo e personalità risponde all’identikit dell’allenatore adatto.
Ma difficilmente accetterebbe un contratto breve.
Ed è un discorso applicabile anche a un’altra interessante ipotesi, il portoghese Leonardo Jardim, che ha rotto recentemente con il Monaco dopo anni ruggenti in Francia e in Europa in cui ha saputo lanciare un fenomeno come Mbappé e altri giovani di livello internazionale.
Jardim piace molto anche a Monchi. Però ha il difetto, oltre alla richieste contrattuali, di non avere esperienza di Serie A. Per una società che ha un’esigenza ineliminabile di riacchiappare il quarto posto, per giocare in Champions e non compromettere i piani industriali, affidarsi a uno straniero che neppure parla la lingua può essere rischioso.
(Fonte Corriere dello Sport)
