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Alessandro Orlando a MomentidiCalcio.com : “Vi racconto la mia carriera tra Udine, Genova, Firenze, Milano e Torino…”

La redazione di Momenti Di Calcio ha intervistato in esclusiva Alessandro Orlando, allenatore di calcio ed ex calciatore, di ruolo difensore che ha collezionato un palmarès di tutto rispetto (una Champions League, due scudetti, due Coppe Italia e due Supercoppe di Lega) con diverse formazioni, anche se essenzialmente come rincalzo.

È uno dei 6 calciatori ad avere vinto due scudetti consecutivi con due squadre diverse. Ha complessivamente collezionato in carriera 102 presenze e 1 rete in Serie A, e 104 presenze e 5 reti in Serie B

Lei ha giocato in grandi squadre di Serie A e vinto tanto nella sua carriera di calciatore e in occasione di un’altra intervista ci ha detto di allenare una squadra dilettantistica friulana.

1)Guardando ora i suoi ragazzi, ci ricorda quando i Suoi inizi da calciatore e di quando ha cominciato a giocare?

Il mio percorso è stato un pochino diverso da quello dei ragazzi che sto allenando. Abbiamo una squadra di promozione in Friuli e ci sono ragazzi che per un regolamento che prevede alcuni giovani in campo, ragazzi del 1998-1999-2000 e ragazzi più “anziani”.

Diciamo che sto con loro da qualche anno, e lo dico sinceramente, difficilmente questi ragazzi faranno carriera, al massimo qualche categoria in più, quelli che avranno fortuna e sono bravi, però in certe situazioni mi rivedo in loro.

Ammiro in loro la grandissima passione che hanno perchè andarsi ad allenare alle 19 dopo una giornata di studio e di lavoro, ci vuole tanta passione. Per me è stato un pochino più semplice perché sin da giovane ho iniziato a giocare per una squadra professionistica (l’Udinese) e ho fatto il settore giovanile lì.

Già da questo c’era un pochino di diversità.

2) Può raccontare agli ascoltatori di Radio Momenti di Calcio e ai lettori di momentidicalcio.com il suo esordio?

L’esordio è stata un evento inaspettato, ho esordito in Serie B nel lontano 1987, e mi sono trovato subito nella squadra Berretti, poi in Primavera e poi anche in ritiro in Prima Squadra e dopo qualche domenica mi ricordo, mister Giacomini mi mise dentro per una presenza e poi ne ho fatte 3-4. Sicuramente è stato un momento importante, piacevole, divertente e credo anche un po’ di incoscienza ci vuole in quelle situazioni, perchè se ci penso adesso mi sembrava tutto così abbastanza normale e divertente, però avevo 17 anni, poi nella massima serie ho esordito qualche anno dopo nella Sampdoria Campione d’Italia ed è sicuramente stato un impatto più forte e più importante.

3) Quale era il suo mito calcistico? 

Non ho mai avuto un riferimento ben preciso, ho avuto la fortuna negli anni di giocare insieme e contro a grandissimi giocatori dei miei tempi. Devo dire che indubbiamente aver la fortuna di allenarsi con questa gente, ti fa rendere conto che giocatori di spessore e che uomini sono.

Diciamo che negli anni, se dovessi sfogliare la margherita soprattutto con le persone che ho conosciuto, uno che mi è rimasto veramente impresso in modo particolare è Roberto Mancini.

4) E’ vero che ai calciatori professionisti una domanda non si fa mai ma lei oramai ha smesso e quindi pensiamo di potergliela fare: quale squadra in cui ha giocato le è rimasta nel cuore? Fa ancora il tifo per questa squadra?

Io sono sempre stato tifoso appassionato ai miei tempi del Real Madrid di Boutragueno. Il sogno che avevo e la speranza, iniziando la carriera e trovandomi anche a giocare in Coppa Campioni nel Milan e Sampdoria, ho sempre avuto la speranza di giocare nel Bernabeu ma non mi è mai capitato. Ho giocato nel Camp Nou.

Devo dire la verità, è un mix di cose. Io non sono tifoso di nessuna squadra in particolare, ma forse mi piacciono le maglie o lo stadio e simpatizzo per il Milan. Ho nel cuore l’Udinese perché è la squadra della mia città, sono cresciuto nel suo settore giovanile e vado tutt’ora, appena sono libero dalle mie partite a vedere le partite dell’Udinese.

Ogni città mi ha lasciato qualcosa in particolare. In campionato se c’è un Juventus – Milan, tifo Milan, però in Europa qualunque squadra sia, Napoli o Inter… tifo o simpatizzo per le squadre italiane. Non ho una bandiera particolare; un pochino di più per il Milan perché mi piacciono le maglie, mi è piaciuto molto giocare a San Siro e al Delle Alpi e anche con la Sampdoria, al primo anno di Serie A è stato piacevole a Genova.

5) Quale allenatore ricorda con più piacere visto che è stato allenato da grandi nomi che ha fatto la storia del nostro calcio? Pensiamo a Fabio Capello al Milan, Marcello Lippi alla Juventus, Claudio Ranieri alla Fiorentina, Vujadin Boskov alla Sampdoria… Le hanno dato di più e quali meno? 

Di meno, assolutamente nessuno. Da qualcuno mi aspettavo qualcosa in più, poi probabilmente per demeriti miei i rapporti sono stati un pochino di conflitto. Lei ha fatto una marea di nomi del Top degli allenatori degli ultimi 10-15 anni però se devo veramente pensare a qualcuno in particolare, forse perché ero agli inizi della mia carriera, un grandissimo ricordo è di Nedo Sonetti.

E’ stato uno dei primi allenatori che ho avuto all’Udinese in B e mi ha trasmesso molto: tecnicamente non era il massimo, ma ti dava una carica durante la partita, un entusiasmo che non ho riscoperto in altri. Gli altri da Capello a Lippi, passando per Ranieri, sono allenatori che avevano altre qualità e la carriera lo dimostra: allenatori di spessore.

6) Lei ha alzato numerosi trofei tra i quali la Champions League: può raccontare ai nostri lettori che emozione dà alzare quella coppa e soprattutto che emozione vive quando – crediamo spesso – ne parla ai  ragazzi che oggi allena?

L’emozione non si riesce a spiegare. Sono friulano e sono molto introverso. Le sensazioni le tengo per me. Dire che è stata una emozione fantastica sarebbe banale e scontata e non direi quello che veramente si prova in quei momenti. Uno inizia la carriera calcistica per un motivo o per un altro e poi si trova catapultato in un mondo forse più grande, poi io non sono uno che ama il grande palcoscenico. Ritrovarsi a giocare due Champions, una vinta con il Milan e una persa con la Sampdoria nel 1992 a Wembley contro il Barcellona.

Tutto quello che ti porta alla finale e anche l’atto di sollevare la Coppa è un’emozione particolarissima che sinceramente non saprei neanche spiegare e forse nemmeno voglio perché vorrei tenerle per me; però si può immaginare in qualsiasi lavoro, uno che raggiunge il proprio obiettivo, ha delle soddisfazioni non solo nel calcio, ma anche nella vita di tutti i giorni, quando uno si sente realizzato nel proprio lavoro, prova delle emozioni particolari.

7) Quale è stata  – se poi effettivamente c’è stata – la sua più grande delusione nella sua carriera di calciatore?

Forse l’anno di Firenze, perchè mi hanno cercato, voluto e poi c’è stato un grosso problema all’inizio di un infortunio che mi ha fatto star fuori 5 mesi però non c’è mai stato quel feeling con la squadra, con l’allenatore e con la società.

Ho sempre suddiviso in questo modo le mie esperienze: escludendo Udine che è la mia città, devo dire che l’ambiente della Sampdoria sicuramente era importante. Il Milan era un esempio di organizzazione comunque alla Juventus c’era un gruppo divertente, però la città senza ombra di dubbio e di tifo è quella di Firenze.

Di Firenze la cosa più bella che mi è rimasta è la tifoseria, la gente, che anche se venivo dalla Juve comunque mi ha accolto bene e la città che ogni volta che ci vado mi lascia a bocca aperta.

8) E’ stato più bello vincere lo scudetto o la Champions League?

Diciamo che la Champions perché ho avuto la fortuna di andare il Milan nel momento in cui il Milan vinceva quasi sempre tutto, e infatti aveva vinto Scudetto, Coppa dei Campioni… Sono passato allo Juventus e siamo riusciti a vincere lo Scudetto. Ritengo che l’emozione che ti può dare la Coppa dei Campioni sia più unica che rara. Il campionato te lo puoi giocare ogni anno quando sei in quelle società.

La Champions diventa più difficile. Quando raggiungi l’obiettivo finale e vinci sicuramente l’impatto è più importante.

9) Se uno dei suoi ragazzi ricevesse una proposta di giocare in una grande squadra come Juventus o Milan o una squadra di livello inferiore (tipo Samp, Fiorentina) e le chiedesse un consiglio, Lei che ha avuto modi di fare entrambe le esperienze, cosa consiglierebbe?

Non c’è niente da consigliare perché ci metterei sul piatto le mie sensazioni, quindi non sarei obiettivo e non darei eventualmente un consiglio. Io adesso come adesso se fossi un giovane e mi dicessero: ” Hai queste 4 squadre che ti vogliono, sarei in ballottaggio tra Sampdoria e Milan”. Ma queste sono sensazioni mie.

Io potrei dire come erano Fiorentina, Milan, Juventus e Sampdoria ai miei tempi, ed è ovvio che quei tempi non ci sono più. Adesso la Juve è l’obiettivo da raggiungere per tutti. Però piuttosto che essere una seconda linea alla Juve, preferirei essere una prima linea alla Sampdoria o alla Fiorentina.

10) Se ricevesse una chiamata per allenare una squadra di Serie A, quale voce preferirebbe ascoltare dall’altro capo del telefono?

Mi piacerebbe molto l’ambiente Roma, sponda Roma, ma è una mia sensazione. Non ci ho mai giocato, nemmeno mai contattato, però sarebbe stata un’esperienza. L’ambiente Roma, seppur difficile sia da giocatore che da allenatore, credo che dia degli stimoli particolarissimi.

A cura di Raffaele La Russa e Arianna Guarrera De Angelis

Giornalista Pubblicista, Direttore Responsabile di Momenti di Calcio. Appassionato di calcio e laureato in Giurisprudenza presso l'Università Roma Tre

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