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Italia-Spagna: perchè il divario calcistico diventa sempre maggiore?

La doppia sfida Champions tra le due italiane Roma e Juventus contro le due spagnole Barcellona e Real Madrid ha certificato ancora una volta lo strapotere del calcio spagnolo su quello italiano.

Tante volte ci si è chiesto il perchè ciò accade e le risposte non sono mai state sufficientemente esaustive per tentare di risolvere questo problema che, di fatto, affossa il nostro calcio già inabissato dalla cocente eliminazione della nostra nazionale in un girone in cui, guarda caso, era presente ancora la Spagna.

Il quotidiano La Stampa ha provato a fare un’analisi della vicenda e noi vi riproponiamo l’articolo.

Senza storia. La Spagna ci domina. In questa stagione, su 6 incontri di Champions, sono arrivate 4 sconfitte pesanti e due 0-0 sofferti, mentre la Nazionale è uscita a pezzi dal Bernabeu (0-3), avviandosi agli spareggi che poi ci sono costati i Mondiali. Numeri impietosi (la somma dei risultati ci vede battuti 15-1) che allungano una striscia di dieci anni ed evidenziano un gap gigantesco: i club italiani, in tutte le competizioni internazionali, hanno vinto il 23 per cento dei confronti, alzando una sola coppa contro 11.

Bugdet più ampi Non è un caso. È il riflesso di risorse e politiche diverse.

Perché, oltre il talento di Messi e Ronaldo, c’ è un progetto che dovremmo imitare e che per il momento ci fa impallidire. Real e Barcellona sono precedute per fatturato solo dal Manchester United, secondi i blancos con 674,6 milioni e terzi i blaugrana con 648,3: la Juventus, prima delle italiane, è decima con 405,7 e la forbice orienta un mercato impari, amplificato da merchandising e dal marketing, difatti il massimo investimento bianconero è stato Higuain (90 milioni), mentre il Barcellona ne ha spesi 180 per Coutinho e il Real ne prepara 400 per Neymar.

Attenzione ai vivai I fondi maggiori non sono grazia ricevuta, sbocciano da un sistema efficiente, in primo luogo attentissimo ai vivai: secondo un rapporto Cies, agli ottavi dell’ ultima Champions c’erano 21 calciatori cresciuti tra Barça e Real, e nella Liga il 24% dei protagonisti viene fuori dalle cantere, mentre l’ Italia sfiora appena il 9%.

I settori giovanili, che culminano nelle seconde squadre, in Italia mai allestite – diventano anche risorse di mercato, difatti la Spagna risulta sesta tra i Paesi esportatori di calciatori.

Poi ci sono le strutture: le eccezioni italiane sono regola. Basti pensare al Wanda Metropolitano, nuovo stadio dell’ Atletico Madrid, costato 310 milioni e inaugurato a settembre.

Crescita diffusa – La crescita del calcio spagnolo è omogenea, Real e Barcellona sono colossi ma altre società raccolgono ottimi frutti: l’ Atletico, come la Juventus, s’ è intrufolato due volte in finale di Champions e ha sollevato due Europa League negli ultimi 10 anni: nel periodo, la vecchia Uefa è stata vinta 3 volte anche dal Siviglia.

Non la snobbano, come spesso è successo a noi, e anche quello lascia tracce sul ranking.

Ultimo effetto sui diritti tv per il prossimo triennio: la Serie A ha fruttato 1 miliardo e 50 milioni, la Liga aspetta 2,5 miliardi.

Psg e Chelsea alla finestra  – A volte riescono i miracoli, ma la normalità è che Real e Barça abbiano una forza superiore.

Destinata a crescere, pensate a Juve-Real: a Torino preparano un maquillage autofinanziato e limitato da tetti d’ ingaggio inevitabili (Emre Can vacilla per quello), a Madrid aspettano Neymar.

Da qui nascono le riflessioni, se volete i dubbi di Allegri sull’ opportunità di allungare il ciclo e ascoltare club con portafogli e ambizioni superiori (Chelsea e Psg su tutti).

Ma c’ erano già, sono solo più caldi: la voce dell’ addio già dato alla squadra, circolata ieri, è inesistente.

 

Foto CorrieredelloSport

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